L'Espressione e il Tempo

 
 
Non è espressionismo di maniera quello della pittura di Gianni Anglisani. Nasce dagli strati profondi della coscienza oltraggiata dalla civiltà dei potenti che tutto frantuma nella sua macina blasfema e volgare. Così, le pennellate, i segni incisi, i calligrafismi spontanei sono sostanza in cui si esplica la sua severa filosofia di vita. Eticamente ribelle il gesto artistico dunque: a tutti i servilismi, a ogni adeguazione o adattamento. I graffi e l’assenza di firma sul dipinto Anonimo degli anni ’80, che apre la mostra L’Espressione e il Tempo, rappresentano il senso del suo procedere solitario e sdegnato in un mondo assurdo per le logiche di prevaricazione programmata e di espansione livellante. Da rigettare con forza primitiva. Meglio se assieme ad altre anime limpide. La denuncia va al di là dell’essenza astratta del quadro, diventa fisica in quei suoi solchi tanto violenti e quasi inconsulti. Ferite d’anima che si riversano sulla tela. Questo non va bene però. Non c’è filtro alcuno all’immediatezza del sentire. Ecco il perché della mancanza di imprimatur. Per scelta oculata. Conta la riflessione che una quinta scenica soprattutto cittadina – Napoli è il suo teatro privilegiato - può suggerire, conta il rimescolio spirituale che genera negli osservatori, agganciati dai suoi cromatismi tragici in una sorta di esame della propria colpevole acquiescenza. L’energia, se scoppia dirompente, è cattiva maestra. Bisogna moderarla affinché sia efficace. Bisogna lasciarne intravedere quel giusto che serva a smuovere l’immobilismo senza sostituirlo con turbative esagerate, fonte spesso di disaffezione e destinate a disperdersi in breve. Scomoda di sicuro l’opera di Gianni Anglisani per chi usa non andare oltre la superficie delle cose e non vuole noie, scomoda ma mai irrilevante. Da una sua personale si esce inquietamente rigenerati. Come riaffiorando da un’immersione nell’epica quotidiana di quanti soffrono privi del diritto di parola, la lingua mozzata dalla loro stessa miseria.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Gianni Anglisani /
3 giugno 2010