Annotazione a margine 1
La tavolozza del creato,
olio su faesite, 2008, cm 60 x 60, Collezione privata

 
 

Forse nei fiori della Primavera
resta la somma dell’enigma
che ci trascina fuori
dal silenzio come roccia
e ci fa scrivere
dipingere
la gamma dei colori
i loro suoni
strappandoli da labbra di sirene
spalmando per rivelazioni
da spaccatura di sipario
sopra il quadrato tela/carta
di un personale istante
il suo miracolo.


Irene Navarra, La terra, la visione, Edizioni della Laguna, 2009, pag. 116

Annotazione a margine 2
Il passaggio della cometa (Gorizia),
olio su tela, 1997, cm 165 x 250, Collezione privata

 
 

Svelto appartarsi nella propria teca,
scavare un po’ di più,
rincantucciarsi attonito degli astri
a quel trascorrere da diva
quando sorvola algida
occhi appuntati alla sua scia,
bocche dischiuse per l’incanto.


Stelle filanti fanno ala
e piovono dal trepido broccato.
Lampioni nel lago della piazza.
Il loro alone danza tetti abbacinati
che contano le lucciole impreviste.


Qualche cartiglio cosmico s’intrica
ai rami nudi scendendo dal Castello.
Faville rimbalzano tra gli embrici,
scartano cornicioni,
sgroppano le grondaie,
con testacoda lungo i davanzali
slittano sul selciato.
Scatenano gazzarre di paillettes
nell’oro disinvolto di Gorizia.
Sotto l’aureola sgargiante
di Sant’Ignazio.


Irene Navarra, La terra, la visione, Edizioni della Laguna, 2009, pag. 122

La pittura di Roberto Faganel: parabole mistiche en plein air

 
 
Roberto Faganel: instancabile pellegrino in cerca di visioni vaste da catturare con colori brillanti e veloci pennellate. Vigorose e libere. Osservatore attento e cultore dell’evanescente, sa esaltare l’attimo nelle infinite sfumature che la luce conferisce alle cose, mentre il sole lascia l’orizzonte, sale le vie del cielo per poi smorzarsi in scintille da ardori agostani; mentre si sofferma sui rossi sommacchi dell’amato autunno carsolino, oppure svanisce a baleni nel grigio-rosa di brume lacustri, o ancora tra il bianco primaverile dei ciliegi in fiore.
Dipingere en plein air: questa la vocazione genetica dell’intera sua esistenza. Scivolare con il proprio respiro sulle pietre del tempo, armonizzandosi in esso e travalicando la materia nel ritmo sottile dell’universo. La musica delle sfere, lui, la conobbe durante gli anni di studio al Conservatorio, quando si volse a cogliere la suggestione eterea del violino. Che ricusò dopo una crisi agnitiva, per immergersi nelle cromie pastose della vita, a Trieste, sotto la guida illustre di Nino Perizi e Riccardo Tosti.
Guardiamo ora la foto che accompagna queste righe, osserviamo attentamente: lo sfondo di fitti tronchi di abete. Siamo nel parco del Tricorno, una quindicina di anni fa. E’ l’alba fredda di un giorno estivo in alta montagna. C’è un’imponente figura in primo piano coperta da una maglia pesante a righe larghe. Sicuro nel gesto, Roberto Faganel sta gareggiando con seicento artisti di tutte le nazionalità. Avrebbe vinto il Primo Premio tra gli stranieri con un acquerello rappresentante quegli abeti quasi smarriti in una nebbiolina tenue. Ha un cappello sulla testa. Non per vezzo, per smorzare ogni riverbero strano e per protezione. Lo sa bene chi passa ore e ore all’addiaccio, con tutti i tempi, in tutti i climi. Sotto il cappello si intravede un profilo scolpito e una barba fluente, lo sguardo lo si intuisce intento, la mano sinistra regge la tavolozza, la destra il pennello che segna la tela sul cavalletto.
Un modo di essere, il suo. Lo stesso di Degas, Cézanne, Monet, Renoir.
Pittura en plein air. Passione immensa. Nell’accezione di tormento ed estasi. Cézanne ne morì. Dagli anni ’70 dell’Ottocento dipinse all’aperto fino a morirne, il 22 ottobre 1906. Per un’infreddatura causata da un violento acquazzone. Una banalità all’inizio, mutatasi presto in polmonite letale. Se si è in estro creativo, credo non ci si accorga nemmeno che il cielo si è squarciato e ci sta riversando addosso cascate gelide. Conta solo ciò che fai, come ti muovi, come impasti i colori, quali nuove nuance ne scaturiscono. A ogni strato, ricciolo, strinatura di pigmento una sorpresa magnifica.
Pittura di paesaggio dunque, per fissare con tocco spontaneo il senso del contingente, di ciò che è destinato a dissolversi. Il tuo microcosmo di colpo proiettato sullo schermo dell’assoluto. In simbiosi perfetta. Tale da rubare segreti altrimenti imperscrutabili.
Questo rappresenta la fotografia tanto cara a Roberto Faganel. Là, oltre al dato meramente esteriore, c’è anche un mutarsi complesso, quello dello slancio fervido, dell’entusiasmo, del momento in cui l’uomo si fa profeta, poiché la carne cede allo spirito e gli occhi diventano più azzurri. Diventano gli occhi azzurri di un dio benevolo che tutto comprende nella sua chiaroveggenza.
Ebbene, quando gli artisti creano, usano un linguaggio celeste, poiché in comunione con un’Entità superiore. Ne esprimono le forme, ineffabili ai più, rivelando gamme cangianti che solo loro riconoscono.
Così parla Roberto se ti annuncia un prossimo viaggio: l’Irlanda fra non molto, le isole Aran. Nelle sue frasi, al telefono, c’è sentore di verde intenso, di blu cobalto e schiume candide. Portano l’eco di un consiglio reso proprio, quello suggerito dal poeta Seamus Heaney, quando in Nord cantò: “Mantieni limpido il tuo occhio / come la bolla d’aria nel ghiacciolo, / fidati della percezione di quel nocciolo di tesoro / che le tue mani hanno conosciuto”. Nel fluire cristallino della Bellezza e della sua Verità, dipingerà da forsennato. Il traghetto, il treno, la corriera, le barche dei pescatori: atelier improvvisati e provvidenziali. Le spiagge e le baie: stanze ariose, sonanti di ispirazione come vele per raffiche selvagge. Spargerà acque tinte, imprimerà suggelli unici su carte pregiate di album da disegno e carte qualsiasi – fogli banali di grana povera - attingendo alla scatola magica dei suoi tubetti, fiale, pastelli, carboncini, sanguigne. Pescando “arnesi” del mestiere dalle innumerevoli tasche della sua cacciatora, reduce da mille battaglie con la realtà tentata e ritentata nel profondo.
E ci saranno giochi di voyeurismo. Perché le onde dell’oceano, le sue alghe, le rocce muscose, l’umile erba germogliante dalla torba, la pioggerellina metallica che accarezza insistente, i chicchi di grandine, le venature onnipresenti delle nubi spatolate dal vento entreranno nel cerchio della sua grazia, registrandosi in lui e nelle sue opere prime come ricchi capitoli di un nuovo ciclo straordinario.

Irene Navarra, in Speciale Cultura di Voce Isontina del 30 gennaio 2010

Sulle tracce del viandante
Roberto Faganel in mostra al Museo Michele Gortani di Tolmezzo
Brochure di presentazione

 
 
La Pittura per Roberto Faganel è uno specchio. In esso si riflette il mondo attraverso un gioco di rifrazioni e di bagliori, ora tanto intensi da stordire, ora appena accennati. E la ricerca di attimi - assoluti e vivificanti per le cose su cui l’artista posi lo sguardo - ha il carattere simbolico del viaggio spirituale compiuto a ogni passo del suo peregrinare nella realtà amplificata alla sublimazione. Percorre luoghi, li accoglie in sé, li trasforma. La memoria si dilatata a comprendere frammenti, sprazzi luminosi, per fissarne i contorni con un segno che esprima il gioioso riaffiorare alla coscienza, carico di tesori a lungo cercati. Così la sua anima di viandante si appaga nei baleni di un universo ritrovato, entrando in sintonia con forme nascoste per assorbirle e restituirle, nell’atto della creazione, come prodigi di gratuità. L’albero rosso che si accende tra i palmizi rigogliosi di una spiaggia hawaiana è per lui una tappa mistica, poiché nel suo disvelarsi improvviso e unico offre la chiave di un Paradiso terrestre in cui i colori sono sovrani e si rincorrono componendo un’armonia straordinaria di acque, canne, fiori, idoli, donne sensualissime, spume marine. Sensazioni che si sommano a sensazioni e tolgono il fiato. Esperienze visionarie che travalicano le barriere del razionale rendendo lo spettatore indifeso, qualsiasi soggetto diventi meta dell’itinerario di scoperta, sia essa il Grand Canyon rosseggiante nel meriggio o arso di stelle nel blu cobalto di notti da inizio della storia umana, oppure la campagna delle origini arabescata a vitigni come creature contorte. Ma l’ispirazione di Roberto Faganel non si nutre solo di emozioni forti, sa anche suggerire. Allora, l’eleganza sinuosa dei fenicotteri di N’Goro N’Goro o il drappeggiarsi sottile dei sari sui corpi delle donne di Kerala imprimono un’accelerazione alla mente che si volge, d’istinto, a cogliere l’arcano del ciclo naturale sotteso alla genesi di tanta meraviglia. In un’intermittenza del cuore simile alla scansione ritmica di un lampo percettivo.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Roberto Faganel /
11 giugno 2010

Gli elementi primordiali
Roberto Faganel in mostra ad Auronzo di Cadore

 
 
Si inaugura domenica 1 agosto 2010 nelle Sale espositive del Comune di Auronzo di Cadore, alle ore 18.00, un’importante rassegna retrospettiva dedicata al Maestro Roberto Faganel nella ricorrenza dei cinquant’anni di attività (1960 – 2010). Più di 70 quadri, non in ordine cronologico ma per gruppi tematici, a descrivere le tappe significative della sua pittura. La mostra rappresenta un itinerario in cui gli elementi primordiali diventano tramite e ponte per la comprensione della grandezza del creato. Oltre il nostro quotidiano esistono altre realtà e altrettanti livelli interpretativi. Densi di echi e rimandi sono pertanto i linguaggi dell’esposizione, per aiutarci a capire il miracolo della vita in un necessario cammino interiore. Il fenomenico è solo l’accenno di ciò che sta dietro l’esistere, bisogna scavare per coglierne i segreti, accumulando visioni su visioni. Spesso sono il dolore e la pena ad agevolare questo processo, talvolta i ricordi e i legami, in qualche caso proprio la natura che, come la filosofia zen indica, è immagine dell’assoluto. Indagarla significa conoscerla. Con empatia nel caso di Roberto Faganel. E per chi desidera farla propria e renderla in un’offerta di gratuità, vale solo l’esperienza. Viaggiare dunque, dipingendo en plein air, risulta l’attitudine genetica dell’artista. Se si considera inoltre la ventura dell’essere nato in una zona di confine, con la benedizione sì di due favelle costitutive - l’italiano e lo sloveno -, ma anche con gli inevitabili disagi che ciò comporta, allora si capisce meglio la sua particolare disponibilità all’ascolto partecipe, quel suo cercare scenari sempre nuovi da imprimersi nella mente e nel cuore. I più vasti possibile. In cui esorcizzare le sofferenze patite da bambino con la madre, sofferenze che avrebbe illustrato nell’intenso ciclo degli anni ‘60 Aspettando la libertà.
Da instancabile pellegrino quindi Roberto Faganel ha percepito e dipinto le molteplici forme dell’acqua, della terra, del fuoco, dell’aria. Ha percorso i continenti, si è immerso nelle loro linfe, ne ha colto le ricchezze, restituendole infine preziose di sentire. Per processi luministici evidenti nei giochi di contrasti. La luce è invero protagonista del suo sistema pittorico, con l’ombra lo determina in un singolare amalgama di astrazione e concretezza, tanto che nei punti molto rischiarati la pennellata sembra quasi enuclearsi improvvisa per squarci sulla tela. Così, con scioltezza di tratto postimpressionista, il pittore ci racconta le Hawaii dalle gamme infinite, compreso il violetto mai apparso prima sulla sua tavolozza. Negli oli dedicati all’India, l’ispirazione si dispiega in sfumature inaspettate e impianti fitti, tra polvere, sole, profumi oppiati. La sinestesia la fa spesso da padrona dominando i sensi, fragili davanti ad azzardate geometrie tonali come lo scarlatto e il blu cobalto del Grand Canyon, l’ocra annichilita della Tunisia, il cremisino piumoso dei fenicotteri di N’goro N’goro, le flessuose palme, le piantagioni di the, le vigne e i boschi mitteleuropei, i corpi opulenti di donne dagli azzurri o dai rossi pensieri, la volta stellata dei luoghi natii, un Cristo librato su di noi dalla sua croce, lo skyline fosco delle metropoli dell’America del Nord. Sequenze, queste, aperte le une nelle altre a rivelarci una dimensione dell’inconscio. Che poi è lo spazio colmo di fermenti dell’universo di Roberto Faganel.

Irene Navarra, in Voce Isontina del 31 luglio 2010