La vita è sogno / Microcosmi di poesia

Antologia di giovani poeti giuliani a cura di Irene Navarra

 
 
La vita è sogno è il libro dei sentimenti intatti della Giovinezza.
E' poesia dell'inizio.
I miei ragazzi l'hanno scritto ascoltando
e ascoltandosi nel profondo.
Così hanno letto l'universo tutto con i loro occhi,
ora teneramente immaturi, ora più saggi di quelli di un filosofo
che molto ha visto e molto sa.

Gli autori delle liriche sono stati miei allievi per due cicli triennali. Magnifico riscoprirli, quindi, intatti nella memoria, vividissimi, nel marzo scorso quando, ormai certa della realizzazione concreta della raccolta, mi accingevo a lavorare ai loro testi, suggellando così, degnamente, un'avventura iniziata nel 1998.
La vita è sogno / Microcosmi di poesia con la sua compiutezza di sentimenti, porta in sé il codice interpretativo degli autori. Leggere questo libro è iniziare un’incredibile esperienza, quella stessa che mille volte i miei ragazzi e io abbiamo intrapreso insieme, definendoci con orgoglio viaggiatori della mente ed esploratori dell'anima.
Ora si fa poesia! - dicevo, tirando fuori dalla borsa, dalle tasche: Merini, Kavafis, Simic, Heaney, oltre a Montale, Caproni, Cucchi... Era questa la formula che ci apriva nuovi mondi, alla ricerca del diverso, del profondo, al di là dei confini dei sensi con Baudelaire, Verlaine, Rimbaud. La bolla di cristallo che si creava attorno a noi in quelle situazioni e, soprattutto, nella fase dell’ispirazione, della mens divinior platonica, quando il dio ci parlava dentro, quella bolla di cristallo era quasi il nostro talismano per una piccola, segreta felicità. Ci sentivamo ripagati di tanta quotidiana regola, letteraria certamente, culturale, ma pur sempre regola. E poi, solo in seconda battuta, iniziava il vero e proprio lavoro di lima. Da bravi alunni dei classici, cercavamo di applicare la techne aristotelica così come ci suggeriva l'inarrivabile Orazio nella sua Poetica.
Ci vorrebbe molto per raccontare la magia dei nostri momenti, l'essenza però è contenuta nelle tre sezioni de La vita è sogno / Microcosmi di poesia.
La prima, L'anima del tempo, contiene haiku, poesie di origine giapponese composte da tre versi di 5, 7 ,5 sillabe sul tema delle stagioni. Tornare alla natura, seguirla, risulta dunque l’intento creativo di questo nucleo, secondo un’ottica zen di interazione tra micro e macro. Genere, questo dell'haiku, adatto proprio per vocazione specifica a un approccio poetico possibile, data la sua necessaria esigenza di osservazione sempre diretta. Mai banale tuttavia, in quanto tesa a cogliere il battito dei ritmi naturali, a imprigionarli in attimi come cuspidi elettriche, a farli diventare minime folgorazioni d’anima, attraverso una conoscenza sciolta da qualsiasi vincolo logico.
Alcune di queste liriche infinitesime, scritte con l'entusiasmo della scoperta, sono tanto intense da potersi definire sabi e wabi, ovvero colme di un fascino raccolto e sottilmente delicato, di fresca immediatezza, di quel pathos privo di intellettualismi che ci permette di apprezzare ogni evento fenomenico, anche il meno appariscente. E ciò, per il colore del verso, ovvero l’elemento equilibratore tipico del genere, la cui atmosfera non deve essere né troppo grigia né troppo chiassosa, volta bensì alla quiete, in cui cogliere l'intima, lineare bellezza delle cose semplici, la loro ricchezza spirituale opposta a un atteggiamento materialistico. I frammenti di questa silloge offrono, pertanto, quadri di un realismo ben conscio dell’insondabile mutevolezza della natura, in giochi di metafore e sinestesie, dalla modernità giocosa o malinconica, intimista, oppure visionaria, apocalittica ed estenuata, quasi profetica.
La seconda sezione, Il Delirio e iI Nulla, liberamente ispirata alle raccolte del poeta serbo-americano Charles Simic, tratta d'Amore, di Morte, di Incomunicabilità, del Tempo come sentimento esistenziale. Simic, poeta delirante per definizione, aveva affascinato i miei liceali al punto da indurli a tentare la strada impervia della poesia che trasforma un dato materiale in uno immaginario, indagandolo nella sua potenzialità epistemologica come modello di sé, in maniera autoreferenziale. Abbandonandosi più all'intelligenza che all'impressione, essendo quasi più filosofi che poeti, senza però avere la pretesa di far assurgere a sistema la riflessione allineandola in questa o quella corrente. Ben sapendo cioè, il limite che tiene il poeta al di qua del pensiero filosofico. I miei ragazzi capirono un fatto non semplice: Simic era sì un poeta volutamente oscuro, ma non si compiaceva solo della notte, la vagheggiava con predisposizione ancora chiara. Per lui si parla infatti di Orfismo solare. Intuirono inoltre che il poeta delirante fa uso parsimonioso della metafora, rifugge dai linguaggi codificati e forse non inventa, forse improvvisa con oggetti già costituiti, sottolineandone l'inanità nel deteriorarsi degli aspetti, nella trasformazione ultima dei resti in cose. Istintivamente ne recepirono il messaggio.
Tra questi, Anna De Vecchi, rispetto alla materia e alla forma di tale dettato, mantiene un'originalità rara, che amo chiamare “eclettismo spontaneo” poiché si connota ora di una certa discorsività alla Bukowski, ora di un'amaritudine alla Larkin o alla Harrison, suggerendo richiami ad autori contemporanei che non conosceva e scoprì solo dopo un'adeguata segnalazione. Voglio dire pertanto: questo tipo di poesia era in lei e andava nascendo proprio tra i banchi di scuola. Con mia grande gioia.
La terza silloge dell’opera, Chiaroscuro, rappresenta un ciclo fantasioso di contrasti netti in una dimensione compiaciuta di sé, aperta a soluzioni di traboccante vitalismo, di esagerazioni sentimentali e, spesso, teneramente fragile come lo è la giovinezza. L'ispirazione si esprime in punte esemplari quando tocca il tema della Morte, dell'Amore e dell’Amicizia. Significazioni, queste, tutte autentiche, incrinate dalla tristezza e dal dolore per ciò che si cancella nel correre dei giorni, o dense di sentimenti fiammanti, puri e dannati assieme, virginei e tenebrosi. L’ansia dell’eterno si fonde a una natura personificata, trovandovi nuove identità, nel senso della vita colorato e corposo, in alberi/creature che inalano il vento rendendolo linfa verde, in mattine fatte di gelsomino, di gocce d’acqua. Per l’Amore vale dunque la pena di esistere, anche se il Tempo, ordigno infernale divoratore di Bellezza, corrode ogni più genuino sentire.


Dalla Presentazione di Irene Navarra, 7 dicembre 2005