Nati d'inverno di Giancarlo Gasponi
Un’autopubblicazione di successo contro l’arroganza e lo strapotere di chi decide le sorti dello scrivere contemporaneo

 
 
Nati d’inverno è un romanzo di formazione mirabilmente arioso, composto di contenitori aperti gli uni negli altri come spazi fantasmagorici a cui si approda seguendo vie, itinerari, tracce, subendo le suggestioni di luoghi tanto celebri da essere ormai parte dell’immaginario collettivo. Essi sono personaggi veri e propri di una storia secolare e anche scenari su cui proiettare racconti di vita reale. Così, la vicenda del protagonista, Francesco, si snoda dalla romana Piazza Navona, da lì si allontana, poi vi ritorna, al ritmo di straordinari riti di riconoscimento tra ricordi, volti, percezioni sensoriali, riflessioni. Quasi in una sorta di dimensione sinestesica - spesso allucinata per il dolore - dove tutto può avvenire, mentre si allacciano e disbrogliano fili di episodi ora cupi ora chiari. Nella frenesia dei rovelli che egli patisce durante il suo personale Calvario di purificazione da sottili inquietudini frutto di traumi profondi. È un “nato d’inverno”, ha il cuore stretto da un gelo sterile che sembra impedire ogni speranza. Ama la morte quindi, ma vuole la vita, teso com’è a scrutare nel buio, esplorare, sondare, inconsapevole dell’unica primavera possibile: quella spirituale. Nella trama assoluta del libro, che ha le caratteristiche dell’inchiesta da intendersi come queste, si innestano i fatti materiali di un’esistenza paradossalmente implicata in rapporti tra i più svariati, forse per esorcizzare il disagio di non riuscire a darsi agli altri con abbandono, o forse per stornare il momento necessario della verità. Di qualsiasi verità si tratti. La narrazione risulta perciò ricca di eventi che si assommano a formare un quadro imprevedibile. Quale il nostro stesso procedere lungo sentieri sempre impervi, talmente duri che solo lo scandaglio delle risorse intime, attraverso l’auscultazione di sé, può indurre a sostenere. Magari con l’aiuto di un amico che funge da coscienza e, sapendo ben interpretare i drammi del giorno dopo giorno al di là di ogni parziale lanterninosofia, ci guida come un accorto maestro. Finché, grazie all’indagine intrapresa, spietata ma salutare, le tenebre della mente si disperdono e si svela quanto di bello, quanto di giusto ci connota.
Il tutto in una scrittura limpida, di matrice colta, resa agile però da un lavoro di lima perfetto, che sfuma il troppo conquistando una semplicità-fonte di piacere. Notevole poi la carica evocativa di alcuni passi, sapientemente dosati in un alternare tra spinte alogiche come fiotto di emozioni, espresse peraltro con stilemi lirici, e netta capacità raziocinante atta a ridimensionare tali voli ascrivibili all’ambito poetico del frammento.

Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Letteratura / Giancarlo Gasponi/
25 maggio 2011