Broker - Con Generoso D’Alessandro per ricordare l’anniversario della nascita di Italo Calvino (15 ottobre 1923)

 
 

Una sorta di calviniano “Barone rampante” in negativo, quella figura di broker che fa l’equilibrista su delle punte rosse zigzaganti. Tracciati elementari sopra le guglie delle notizie quotidiane, ormai quasi coagulate in un miscuglio di parole ancora evidenti e amalgama roccioso. L’uomo non ha sguardo eppure, elegante e sfrontato, tende al futuro. Il suo segno/scettro del potere è il denaro stretto nel pugno. Niente occhi, dunque. Non esiste nulla che valga la pena di vedere e imparare. Il pensiero illuminista? Un modello filantropico da cassare con numeri, cifre, grafici. Asetticamente, lanciando dadi astratti che decidono ciniche partite. La parte grama del suo essere si è definita come unica entità. Innocente peraltro a livello di percezione morale. L’innocenza di ciò che “è quel che è”, come diceva il poeta austriaco Erich Fried. Ovvero la banalità del male, di cui parlava Hannah Arendt. Il tutto concentrato in quell'immagine scanzonata in funzione di contrappunto alla realtà. Per demistificare ogni forma apparente con una necessaria dose di “sentimento del contrario”. E denunciare qualsiasi attribuzione a un Surrealismo abusato innalzando al ruolo di chiave interpretativa pittorica la dimensione del “fantastico figurale” retto dalla ragione. Poiché non vi sono nelle opere di Generoso D’Alessandro misteri latenti dell’io che premono per uscire. Vi è, come in Calvino, la trasfigurazione dei problemi esistenziali in allegoria del dato sociale inserito in un preciso momento storico. Senza automatismi, con il gesto preciso di chi a tavolino ritaglia, incolla e dipinge sulla tela la sua concettualizzata resa del soggetto.


Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Generoso D'Alessandro/
15 ottobre 2011

Violetta

 
 

Creatura senza volto, Violetta. O meglio: con un ovale che ci porta sì un volto, ma privo di tratti somatici. Identificabile dunque solo per i sogni che le gravitano attorno, apparentemente senza scalfirla. Come ci fosse un muro tra l’oggetto del desiderio e il soggetto. Che peraltro non riuscirebbe comunque a calarsi nell’idea per mancanza congenita di individualità. I sogni la vivono. Mentre lei, con gesto meccanico, compie un’azione anonima e livellatrice. Fuma. Se guardasse la televisione (senza occhi in verità), sarebbe lo stesso. Questo ci resta nella dimensione attuale in cui lo shock tecnologico ha vanificato ogni proiezione stabile in una sorta di cortocircuito psico-sociale. Si affoltano ritagli e icone attorno alla protagonista dell’opera: un libro (chiuso), il Che, Gandhi, “La Libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix, imprigionata peraltro dal 2008 sulla copertina dell’album “Viva la Vida or Death and All His Friends” dei Coldplay di cui "Violet Hill” (un caso?) è un singolo estratto di grande successo. Le immagini, come personaggi in cerca d’autore, sono pronte a entrare nel contenitore della sua mente, dove rigenerarsi e proliferare, rimpolpando le masse rivoluzionarie e indignate che gremiscono i bordi della tela. La materia però è sorda, la matrice del volere/potere ha derogato alla sua funzione. Altri hanno fatto in noi un Vuoto desolante. Forse irrecuperabile.


Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte /Generoso D'Alessandro /
10 dicembre 2011