L'arte mimetica di Silvia Valenti

 
 

A chi le chiede l'origine della sua passione per l'arte orafa, risponde: "Le gemme, i metalli, i materiali mi attirano da sempre nei loro giochi di messaggi sottili. Mi si fanno incontro come per condividere in modo esplicito parte dell'anima che vivifica il cosmo. Insomma, ho il loro permesso all'azione che li renderà unici. Il nostro è un amore fatale".
Lei, Silvia Valenti, vede oltre la sostanza grezza, intuisce il soggetto così come dovrà comporsi per raccontare la sua storia, rigorosamente realizzata con tocco demiurgico al tradizionale banco da lavoro. Fondendo, trafilando, limando, ribattendo, stondando, saldando, resinando..., in una parola reinventando ogni elemento per presentare l'artifizio del prodotto come se si fosse autoplasmato. In proliferazioni di varianti emule della natura essendone mimesi artistica. E capita dunque che dal gioiello appena nato scaturisca a completamento evolutivo un altro; dalla radice raccolta su una spiaggia croata rampolli il seguito prezioso di un viaggio iniziato forse per un'antica burrasca; da una rosa del suo giardino si enuclei un anello, frutto di una mutazione genetica. Di sviluppi essenziali si nutre il suo estro. Semplicemente Be.Es., il suo marchio. Un calembour intrigante, questo, che indica l'intima natura del suo agire sotto la spinta di impulsi primari, e il suo conseguente trasformarsi in operosa fattrice di manufatti pregiati.



Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte / Silvia Valenti /
18 agosto 2013




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www.agc-it.org