Voci di cielo, di terra e di mare /
Viaggio nella musica di Remo Vinciguerra

28 novembre 2009

 
 

Introduzione di Irene Navarra


Nel momento in cui ho iniziato a pensare al tema conduttore di questo pomeriggio, ho anche deciso che non doveva essere come gli altri innumerevoli pomeriggi poetici che parlano d’amore, rabbia, tristezza, società, lotta, morte, clandestini. Sembrava necessario consolarci da quanto giornalmente dobbiamo somatizzare, volenti o nolenti, narcotizzando quasi il giudizio. Un sano tuffo nel diverso quindi poteva essere un antidoto.
Mi è venuto in mente allora il Realismo magico di autori come Pavese e Landolfi, di pittori come De Chirico, Carrà, Casorati, Sironi, Severini e, perché no!, di Gianni Anglisani che inventa donne agghindate con collane a forma di barca e dal volto enigmatico, emergenti da uno sfondo in avaria nell’inquietudine suggestiva di memorie originarie ancora pure.
Il tema, dunque, di questa nicchia lirica doveva essere il fantastico, l’immaginario abbagliante e mediterraneo di una tradizione che si nutre di metamorfosi e immedesimazioni, paniche al punto da renderci natura. Cielo, terra e mare rimescolati nel crogiolo ambiguo delle menti sarebbero, così, diventati gli scenari di un miracolo, il controcanto al vivere quotidiano, il Paese delle Meraviglie di Alice, fatto di luce solare al tramonto da raccogliere in recipienti per non perderne le fibre scarlatte, con la comparsa magari di un piccolo lupo che vorrebbe imparare a suonare il pianoforte, di un pesce che era stato un uomo. Alterazioni del reale? Sì. Mancava però un ingrediente per completare la pozione che si stava distillando, mancava quell’aria sospesa che solo la musica può dare quando ci sorprende e ci avviluppa in una rete di intercomunicazioni tale da abolire la separazione di solito invalicabile tra materia e spirito. E ciò, dilatando il tempo come in miraggi che si rincorrono sulle facce terse di un prisma cristallino. Effetto straniante, questo, che il Maestro Vinciguerra ci regala sempre nelle sue creazioni in pulsione intima con il battito dell’universo.


Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Poesia / Remo Vinciguerra /
28 novembre 2009



L'arte musicale di Remo Vinciguerra


Quando l’arte musicale incontra l’armonia delle sfere. Questo il filo di Arianna che ci può condurre nel mondo incantato di Remo Vinciguerra per aiutarci a comporne una piccola guida, i cui traguardi progressivi siano il naufragio nello spirito del tempo e  la contemplazione del creato. Quali le tappe, dunque, di un itinerario dalla parvenza quasi mistica? Quali i rituali di orientamento?
Tentiamo allora un possibile approccio di conoscenza. Ai Preludi nel parco in questo caso. Due i presupposti necessari, secondo il mio pensiero: la visionarietà del processo, la sua spontaneità.
Inizi l’esperimento.
Ritagliarsi dalla routinequotidiana una nicchia di silenzio in cui ascoltare le note di Remo. Rapportarle al battito del nostro cuore. Vibrare Con i colori del mattino nel bosco, suono dopo suono. Capire poi, che è proprio quella la musica a lungo cercata, la musica adatta a sorprendere la nascita del sole in un’aurora di gelo invernale, per imbrigliarne i raggi mentre, lenti, si distendono dal nucleo e si accendono di mille iridescenze fino a fibrillare sulle cose, a conquistarle, dando loro il nome che le sottrarrà al buio dell’ignoto, in un miracolo di riconoscimento rinnovellato da millenni non solo nell’anima. Sentirsi parte del tutto. E vivere di quel ritmo straordinario e tremare commossi, attendendo un crepuscolo che sia all’altezza del mattino appena intuito nel suo purissimo splendore. Perché la Bellezza è percezione del Vero primordiale, dell’infinito che ci balugina davanti a ogni schiudersi consapevole di ciglia. Quella percezione rigogliosa di immediatezza alla radice di accordi così cristallini, così francescanamente limpidi da offrirsi come un dono di gratuità.
Aspettare. Che l’alba tenera prenda vigore, si faccia giorno, sfavilli e si trasformi a poco a poco in tramonto e tinga l’orizzonte rendendolo sacro di rossori, fremente di brividi ancora accesi.
Godere il gioco alterno della vita.
Sapere che, da età ancestrali, mentre Sul colle di Mezzo una ninna nanna risuonava,la luna pendeva complice e un prodigio si manifestava per ogni suo fascio luminoso. Arabescando di nastri d’argento le strade degli uomini, gli alberi partecipi di cielo e terra, lo scorrere eterno dei fiumi simili a specchi consenzienti di baleni, traslucidi nel biancore opalino dell’astro danzante suite di voile. Speciali, se esibite In un plenilunio a Rocca Calascio. Enigmatiche, se sfondo a partite di scacchi con pedine vive come personaggi di storie non mai finite Nel Paese del drago.
E caracollare al fianco di una creatura dalle zampe robuste, la coda folta, la vista aguzza; osare Quattro passi col lupo, un piccolo lupo che vuole (oh, se lo vuole!) imparare a suonare il pianoforte. Quattro passi che sono voli e scivoloni sul tappeto di aghi e foglie soffici di una selva intatta, priva d’orme umane e ovattata di desideri più lievi di una nuvola.
E girare la chiave giusta - la chiave di violino naturalmente - per penetrare nel segreto dell’essere, tutt’uno con un fantasmagorico canto Notturno al castello aragonese.
E infine guizzare sull’Acqua marina sfolgorante di riflessi. Immergervisi diventando pesci. Da uomini mutarsi in pesci squamosi che si insinuano tra alghe smeraldo e riposano su cuscini di gorgonie.
Ecco, il mio breve vademecum nutrito di meraviglia è concluso.

Con i colori del mattino nel bosco, Sul colle di Mezzo una ninna nanna risuonava, In un plenilunio a Rocca Calascio, Nel paese del drago, Quattro passi col lupo, Notturno al castello aragonese, Acquamarina sono i titoli suggestivi di altrettanti Preludi nel parco di Remo Vinciguerra. Quelli che Alessandra Rea e io, con Elena Bidoli e i suoi splendidi pianisti fanciulli, abbiamo scelto per Voci di cielo, di terra e di mare, il Pomeriggio di Variazioni poetiche e musicali organizzato dall’Associazione Culturale “Gianni Anglisani” di Gradisca d’Isonzo. Il tema del Fantastico, ricco di forze metamorfizzanti, e quindi antidoto al grigio della consuetudine, sta nei testi lirici e nell’arte compositiva del Maestro Vinciguerra, artefice assoluta di ali agili, idonee a trasportarci e tenerci sospesi in atmosfere tanto dilatate quanto misteriose.


Irene Navarra, in Voce Isontina del 28 novembre 2009