Il sincretismo estetico di Diego Valentinuzzi

 
 

Arte stratificata, quella di Diego Valentinuzzi. Movimento a togliere, quindi, per arrivarne al cuore, considerando però fondamentale l’evoluta vocazione a respirare tra codici figurativi del passato. Con tratto senza dubbio citazionista. Se pertanto ci rifacciamo a un’icona degli anni ’60 e ’70 - la bottiglia di Coca-Cola -, troviamo che tale soggetto perdura nei suoi dipinti, congiunto alla stessa necessità intrinseca di informare e controinformare che fu tipica di Andy Warhol, Diego Manuel e, tra i tanti, Cildo Meireles. Essi ne fecero l’emblema della loro denuncia in quegli anni terribili di cui la storia porta ricordo. Terribili in verità al pari dei nostri, affogati come sono in sollecitazioni violente. E Valentinuzzi ce lo dichiara con accostamenti tematici sottili, già di per sé esplicativi di un risultato inoppugnabile: l’attivismo di allora sfocia adesso in simboli atarassici rivisitati con stilemi di sintesi. A significare che l’Ora contiene tutto l’Allora da vagliare nell’incontro/scontro con il presente. Ma non si esaurisce qui la sua poetica. Il dettato tende, infatti, a un accennato Surrealismo, da intendersi come mera occasione concettuale, e a patto che si consideri la componente dell’«accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente per esse» (Max Ernst). E ciò per la scelta oculata di un percorso analogico in quanto unico utile a provocare interazioni di idee. Sovente tramite tecniche comunicative della cartellonistica e della pubblicità in generale, con preferenza per oggetti e miti della società dei consumi. Un Pop rinverdito insomma, che racconta bene il deterioramento attuale, avvalendosi di calchi antichi accanto a schematismi tecnologici supportati da materiali vari. Creatore di sogni più che posseduto dai sogni, di conseguenza, il pittore monfalconese. Il suo sincretismo estetico si connota in effetti di una sorta di religione dell’immagine afferente a modelli e situazioni talmente radicate nella routine da essere assunte come luoghi elettivi di ricerca per un qualsiasi rimedio, connesso comunque a una riflessione dal carattere storico. Nessun deragliamento, quindi, a definirne il sistema espressivo, bensì un procedere antinomico in fieri che imbrigli il classico (il logo della Coca-Cola sugli occhi di una Monna Lisa che mantiene il suo sorriso proprio perché non può vedere), o lo esalti di fronte al monocolore (spesso un azzurro Magritte) del contemporaneo, oppure si spenga nel segreto di labbra e di numeri ad accesso non casuale. Eppure sempre misterioso. Da qui l’enigma indecodificabile. Rappresentato da segni che potrebbero essere le formule naturali indipendenti dallo spazio e dal tempo in cui vengono applicate e, per ciò stesso, reticolo ossessivo del dire creativo.



Irene Navarra / Quaderni di critica / Artemisia Eventi Arte /Diego Valentinuzzi /
20 agosto 2012


Contributo critico pubblicato in "Voce Isontina" del 17 novembre 2012.


Le immagini raffigurano alcuni dei dipinti esposti nella Mostra METAFORE / Espressioni artistiche del territorio, aperta al pubblico dal 5 ottobre 2012 al 5 dicembre 2012 nelle sale dell’Europalace Hotel di Monfalcone (Gorizia). Orario continuato.