Spicchi di cielo sparsi

Spicchi di cielo sparsi
fuori dal mio letto.
L’insonnia viene ladra
e mi si attacca sulle ciglia.
Non c’è conta che tenga.
Alzarsi, camminare stenti passi
come un’ascensione in quota
fino al traguardo di una sedia.
Dietro le spalle, dietro la parete,
dietro i miei faggi, i cachi, i cedri
maestosi, nell’aria che si fa più pura:
il Valentin celeste, i suoi cespugli
bassi, i sassi. Difficile il sentiero
per la cima, impronte e focolari
fatui sul suo curvo tracciato.
E in alto:
braccia divaricate di calvario
a possedere la memoria.
In un’esibizione di silenzi
senza presagi di futuro.


E' la sindrome della Perdita. Ti manca l'aria a volte. Persino durante il sonno pensi di soffocare. Anzi, è già successo. Sei morta. Avverti un battito lieve, però. Pulsa al di là del corpo. Appartiene a una creatura che aspetta con il tuo cuore vivo in mano. Così ti butti giù dal letto e scivoli in un mondo fluido: sorvoli gli alberi del giardino, ne scosti le chiome per vedere il Valentin celeste. Il Santo Monte dove tutto può rigenerarsi grondando dalla croce del dolore mai lieve, e risorgere nell'alba che sale dal nastro argento dell'Isonzo. Non alita voce umana sopra i curvi tracciati dell'ascesa.


In quel silenzio - lo so - impareremo a coniugarci astratte.